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Maggio 31, 2012 / iburobar

Io Campiello, tu campielli…

Ho pensato, tanto da qualche parte bisogna pure cominciare a leggere un po’ di libri italiani, magari romanzi non troppo vecchi, anche se proprio nuovi a ben pensare non sono. Lo spunto di lettura, manco a dirlo, me l’ha dato il Salone del Libro, a una cui conferenza ho assistito quasi per caso. Si presentavano i 50 anni del Campiello, il premio veneziano fondato nel 1962 che ha visto come primo trionfatore Primo Levi e il suo La tregua, un romanzo che certo non ha bisogno di presentazioni e che è ormai conosciuto in ogni angolo della Terra. Lasciamo stare che la presentazione era piena di salottari della scrittura, con qualche rarità di autori che, forse perché troppo giovani, non lo sono perché, per loro fortuna, hanno altro da fare, scrivono e lavorano, non passano la metà del tempo a pensare a cosa scrivere e l’altra metà ad andare in giro a parlare tra di loro con un pubblico annoiato davanti. Però mi sono incuriosito, mi son detto, il Campiello è un premio abbastanza serio, ha alla base una giuria di letterati (personalità di spicco del mondo letterario) che si riuniscono per decretare tramite votazioni ed eventuali ballottaggi la cinquina che dovrà accedere alla finale. Sono i letterati a segnalare quali opere di narrativa (romanzi o antologie di racconti) meritino di partecipare al premio, scegliendone dai 5 ai 15 titoli. Tra questi ne vengono selezionati cinque per la premiazione. A questo punto la parola passa a 300 lettori che leggono i romanzi e decidono quale deve vincere. Resta il fatto che la scelta è tra libri selezionati tra opere proposte da letterati che nulla vieta mettano sul tavolo i libri degli amici o dei soliti editori, e tra quelle devono scegliere i lettori che, tuttavia, a differenza di altri premi, non sono corrompibili. Ma se il risultato finale è apprezzabile per la qualità dell’opera vincente, tutto sommato il sistema un po’ funziona. E mentre aspettano di sapere chi vincerà, i finalisti girano l’Italia, fanno un tour per presentarsi e magari sperimentano anche un’esperienza umana e professionale appagante. Però mi sono detto, al Campiello hanno vinto autori celeberrimi, come Primo Levi, Giorgio Bassani, Ignazio Silone, Giovanni Arpino, Mario Soldati, Pasquale Festa Campanile e Mario Rigoni Stern e altri che prima o poi l’avrebbero vinto, perché sono frutto di un mercato che li ha partoriti all’unico scopo di farli vincere. Tra questi due estremi sono capitati anche degli ottimi scrittori, come Antonio Tabucchi, Maurizio Maggiani e Sandro Veronesi, per citarne alcuni. Purtroppo non sono mancate cadute di stile, autori popolari a cui io non avrei fatto vincere neanche il premio della parrocchia. E penso a libri di autori esordienti che conosco bene, mi chiedo se romanzi come In prima persona di Andrea Borla, Bambole cattive a Green Park di Andrea Malabaila o Cambio di stagione di Maurizio Cometto non avrebbero meritato di accedere alla cinquina. E mi vengono in mente anche altri titoli di bravi, giovani autori italiani, da nord a sud. Se fossi nella Giuria dei Letterati, li avrei certamente proposti. Magari un giorno ne farò parte, per consolarmi di non avere mai vinto il Campiello.

Maggio 4, 2012 / iburobar

Ieri

Ci sono giorni in cui ti sembra che sia tutto uguale, che anche le cose che in linea di massima potrebbero rendere quel giorno particolare, siano riconducibili a un modello prestabilito, immutabile, monotono. Oppure che ci siano tipologie di giorni che vorresti tenerti definitivamente alle spalle, abbandonare negli scarichi del passato, e invece ritornano prima o poi, e quando succede finisce sempre nello stesso modo, che ti senti sbattuto come un uovo.

Una volta poteva capitare che in giorni come questi ti svegliassi il giorno dopo e pensassi: ho bisogno di un amico con cui parlare, di staccare e dimenticare, magari quando veniva la fregola ci si scriveva anche un racconto sopra. Perché a volte la scrittura è terapeutica, analizza un dolore e lo cura con un conseguente senso di liberazione. Adesso è di moda scriverlo su facebook, mettere in bacheca una frase, lasciare che gli amici leggano, commentino, magari si preoccupino per te. Non metti l’inciso sono incazzato perché non mi ama, no, ci giri attorno, attingi al pozzo delle metafore o ricorri a qualche frase d’effetto, qualcuno capisce, altri fraintendono, poi però torni sui tuoi passi e cancelli tutto, perché non vale la pena annoiare gli altri con le tue sfighe, tutti preferiscano sentirti ridere, vederti allegro, averti come buon amico, e anche tu guardi avanti, fortunatamente in fretta, pensi al lavoro, ai tuoi impegni, a giornate trascorse a correre da un capo all’altro della città, che ti sembra di essere appena uscito e sei già rientrato, ed è già tardi, domani un altro giorno, tra poco un’altra notte in cui, probabilmente, ti sveglierai e la penserai, e ti mancherà, e stringerai il cuscino, e ti ripeti che devi finirla, che è solo un altro nome su una lunga lista di cuscini abbracciati. E ti accorgi che di nuovo pensavi di essere in cima alla montagna, libero, ma era un bel sogno, la montagna è sopra di te, è tutta da scalare, e hai un bel masso da spingere, sempre quello, che qualcuno ancora una volta ti ha ributtato giù per il pendio. Come una condanna… Ti ripeti che arriverai alle nuvole, un giorno, domandandoti come ci si senta ad avere davvero le ali e non, semplicemente, a sognarle.

aprile 16, 2012 / iburobar

aforisma#1

Un mondo in cui i bastardi sono quelli che vanno sempre scusati qualsiasi cosa facciano e i buoni quelli che hanno sempre qualcosa per cui chiedere scusa…
febbraio 19, 2012 / iburobar

Tanto arriva la sera…

Tanto anche oggi arriverà la sera, con la sua solita malinconia, la voglia della notte che è fatta di sogni, ricordi, codici da decifrare, e poi risvegli e pensieri, e sveglie che non ti fanno alzare dal letto. Sarà mattina e un lunedì in cui non si avrà voglia di scendere a prendere il pullman, entrare in un posto vuoto e a volte estraneo, sentire un’assenza che sa di profumi di incontri mancati o di parole ancora una volta procrastinate, e di progetti infranti. E’ come tutte le domeniche, mi sto abituando ormai, ho un piatto che mi aspetta di pietanze fredde e candele mai accese che stanno prendendo polvere, una tavola imbandita di vini dal sapore guasto e non ancora stappati, di ospiti mai arrivati o che più non arriveranno, di regali mai consegnati e di quelli che avresti voluto fare, se solo ne avessi avuto il tempo e il modo. Se così fosse, se la domenica fosse una diversa, e la sera solo il momento giusto per appoggiare la testa sul cuscino, forse mi stupirebbe ancora qualcosa e avrei paura che questo qualcosa mi spiazzasse e mi trascinasse in odissee per cui non ho il libretto di istruzione, né le giuste indicazioni di somministrazione e dosaggio. Ma sarebbe comunque un’avventura, vedrei posti meravigliosi, solcherei mari insidiosi e gonfi, ma che, al termine del viaggio, casomai mi porterebbero all’isola amata, magari di sera, di domenica, di fronte a un piatto che non sa più di zuppe congelate e bevande pietrose.

gennaio 28, 2012 / iburobar

Ritorna Aurora!

Corretto e proposto in una nuova veste grafica, ritorna la storia della Regina Aurora e degli otto campioni riuniti per salvarla.

Aurora d’Inverno – 280 pagine – Edizioni Scudo

gennaio 10, 2012 / iburobar

Hello world!

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dicembre 24, 2011 / iburobar

Buon Natale

Anche quest'anno ci siamo. Buon Natale a tutti, ai miei lettori in primo luogo, che non mi hanno fatto mancare il loro affetto e che sembra abbiano apprezzato il mio ultimo romanzo, Aziza.
Ma oggi è Natale, sono più buono e auguro Buon Natale anche a chi non ha mai letto niente di mio 🙂

Scherzi a parte, auguro a chi passerà dal mio "bar" una serena festa!!!

ottobre 24, 2011 / iburobar

PresentAzizione

Per i troppi impegni e non poche distrazioni, non sono ancora riuscito a trovare il tempo per riflettere sulla presentazione di sabato 15 ottobre. E' andata bene, è stata una delle migliori che ho fatto, ancora una volta a Librarsi, un posto in cui le cose mi sono riuscite sempre decisamente bene. Questa volta c'è stato il calore del pubblico come non mai, molti amici ma anche gente che non conoscevo, persone di provenienza e frequentazione diverse che sono venuti a sentir parlare di questa piccola ragazza genovese e del suo giovane, romantico smasimante. Forse si potrebbe riassumere così la vicenda di Aziza, certamente non solo a questo, ma credo che questo delicato quadretto rappresenti lo stato d'animo che resta al lettore. So che delle persone stanno leggendo il romanzo, spero di ricevere da tutti un parere, spero che sia il più possibile disinteressato. In ogni modo, la bella esperienza rimane, vuoi per il contributo esperto di Andrea Borla, vuoi per la bravura delle lettrici Cinzia Modena e Giuliana Garavini, o per la sensazione che dà vedere la sala piena a tal punto che le persone devono rimanere in piedi… anche se va detto che Librarsi non dispone della sala presentazioni che meriterebbe…
Il mio sogno è di pubblicare Aziza e gli altri romanzi intimisti con un solo editore, un professionista che creda in me, cge lo faccia davvero, che mi chieda a quando il nuovo libro. Allora non ci sarebbe più posto per la ricerca ossessiva di un editore, le proposte a pagamento rifiutate e le lettere di rifiuto prestampate, per non parlare delle risposte mai ricevute e per i libri messi fuori catalogo senza esserne informato. Non l'ho ancora incontrato un editore così. Forse non lo incontrerò mai… Resta la speranza.

settembre 24, 2011 / iburobar

Non tutti sono Tagore

Oggi su Facebook ho scritto questa frase: Quanta banalità c'è nel farsi vedere profondi a tutti i costi… Quanti pensieri a buon mercato… Chi l'avrà letta si sarà chiesto la ragione di questa uscita, anche se dai commenti sembra essere stata apprezzata. Semplice: sono stufo dei luoghi comuni strombazzati in giro, spiaccicati sui muri o sui fogli di giornale, come se fossero slogan degni di un manuale di filosofia. Perché la gente non si rende neanche conto di quando dice cose banali, e spesso lo fa per fare colpo e farsi vedere più profonda di quanto in realtà non sia. Le sento sui pullman nelle chiacchierate tra i ragazzi, in televisione in programmi che hanno la pretesa di essere di approfondimento e invece non riescono neanche ad essere di intrattenimento, e sui libri. A volte quando correggo un dattiloscritto di qualche autore che mi passa la mia casa editrice mi piacerebbe rispondergli di lasciare perdere, di riscrivere quel libro quando saprà che storia vuole raccontare, se mai ne avrà una. Ed è proprio da qui che è partita questa mia considerazione. Leggo libri di giovani autori infarciti di banalità, tanto che mi piacerebbe rispondergli che il mondo probabilmente non saprebbe che farsene dei loro romanzi, anche perché una vera storia non la raccontano, parlano più di come loro vedono il mondo da sommi pensatori quali sono, capaci di sciorinarti tutti i nomi dei loro miti personali, gli unici, forse, meritevoli di stare a questo mondo insieme a loro e alle coprotagoniste dei loro romazi, che sostanzialmente hanno l'unico scopo di andare a letto con loro e realizzare ogni loro desiderio. E il bello è che queste persone credono di essere profonde, migliori delle altre, arrivate, degne solo di insegnare pur non sapendo, il più delle volte, mettere i tempi verbali nei giusti modi o virgole e apostrofi al loro posto. Su questo tralasciano, in fondo per scrivere mica bisogna conoscere la grammatica o avere una storia da raccontare, è sufficiente credere di avere qualcosa da dire e tutto il mondo si inginocchierà ai tuoi piedi. A volte penso ai miei libri andati e mi domando se anch'io, qualche volta, non ho peccato di arroganza, forse per l'età che mi imponeva di osare e credere, ma mi rispondo che in fondo io mi sono preoccupato di metterci un titolo, una parola d'inizio e una di fine e, in mezzo, di raccontare la vita delle persone, non necessariamente la mia, senza, soprattutto, sentire l'irrefrenabile tentazione di sfranticare le palle agli altri con tutto quello che mi frullava nella testa, neanche fossi Tagore.

settembre 20, 2011 / iburobar

Kyoko mon amour su Doppio Schermo

Un saggio interessante che, attraverso l'analisi di cinque autori eccezionali, traccia un percorso tra i manga sentimentali degli ultimi vent'anni. Imperdibile per gli amanti del Giappone e – soprattutto – di Maison Ikkoku… continua